Manzo: “Sono un sarriano, ma non un integralista”

A 13 anni è partito da Salerno per raggiungere Torino, destinazione Juventus. Sei anni di giovanili fino alla Primavera, quindi due anni in prima squadra, con Trapattoni prima e Lippi poi. Nel 1994 la vittoria al torneo di Viareggio, con compagni di squadra del blasone di Alessandro Del Piero. E parallelamente l’avventura nella nazionali giovanili, dall’Under 15 all’Under 18, sotto la guida di Benetti e Vatta. Un gravissimo infortunio al crociato lo ha tenuto lontano dai campi nel momento di massimo slancio, quando le porte del Paradiso sembravano lì per aprirsi. Dopo qualche ottimo anno tra C1 e C2, il secondo infortunio e la parola fine alla carriera da calciatore, a soli 22 anni.

Ma l’amore per il calcio era troppo grande per essere fermato dalla sorte, e Vincenzo Manzo ha subito capito che la panchina sarebbe stata la nuova via. Il nuovo mister del Legnano sa che cosa vogliono dire coraggio e sofferenza, sfortuna e forza di reazione. E la sua carriera da tecnico, dopo una lunga gavetta nelle formazioni giovanili, ha piegato decisamente verso l’alto: sette anni di serie D consecutivi alla guida di Borgosesia e Chieri, con ben 5 play off conquistati. I tifosi lilla ricorderanno, con qualche amarezza, il doppio 4-2 che i piemontesi ci rifilarono nel campionato di D 2016-2017, con il formidabile trio d’attacco Poesio, Pasquero, Messias.

Manzo era al timone, ma ora è il nocchiero della nave lilla: “Ho scelto Legnano per molti motivi – ci racconta – Vivo di sensazioni, di emozioni. Non vi nascondo che aspettavo chiamate da settori giovanili professionistici e da squadre di Lega Pro, e che ho ricevuto chiamate da squadre di D. Ma non si sono creati i presupposti giusti. Proprio perché vivo di passioni e sposo i veri progetti ho scelto il Legnano. Stavo tornando a Salerno quando il ds Mavilla mi ha chiamato: ero oltre Modena, ho girato immediatamente l’auto e ho guidato dritto fino a Legnano. Questa è una piazza storica, chi non la conosce? Quando venni col Chieri mi colpì la folla sugli spalti. E’ una piazza esigente e che ha fame. Sono le cose che mi stimolano. Mi hanno colpito molto sia l’entusiasmo del ds Mavilla che la voglia del presidente Munafò di riportare il Legnano dove merita. Questo mi piace moltissimo. Certo, non avrei voluto fare l’Eccellenza come non la voleva nessuno qui, ma se dovremo farla la faremo con gli obiettivi più ambiziosi, per creare mentalità. La mia carriera non verrà certo sporcata dallo scendere di categoria. Basta guardare il mio curriculum: io mi fermo molto nelle società, sposo i progetti, divento aziendalista, non faccio il mercenario”.

Come costruirà il nuovo Legnano, tatticamente e nella forma mentis? “Abbiamo un ds giovane che ha voglia di fare e di vincere giocando bene a calcio. Cercare la vittoria con il gioco è la mia stella polare. Voglio invogliare la gente di Legnano a tornare in massa allo stadio perché conquistata dal nostro gioco e dai nostri risultati. La vittoria nessuno la può garantire perché concorrono fattori molteplici e complessi, ma questa squadra divertirà e lotterà. E i risultati arriveranno. Tatticamente prediligo il 4-3-3 perché è il modulo che permette più soluzioni offensive. Voglio palla a terra, tagli, scambi rapidi, uno-due, inserimenti, cambi di gioco e attacco all’area con più uomini possibile. Sono un sarriano, ma non sono integralista: se le circostanze lo richiedono, cambieremo modulo. Una cosa è certa: faremo comunque una squadra per la serie D. Parleremo subito della rosa: è reduce da un ottimo campionato e quindi ha elementi validi. Voglio conoscerli tutti da vicino e guardarmi tutto il materiale disponibile per studiare quanto la squadra ha fatto e come giocava. E’ chiaro che, se saremo in D, bisogna capire che è letteralmente un altro sport rispetto all’Eccellenza”.

Sarriano nell’estetica ma “contiano” nel carattere? “Per me sono fondamentali i ruoli. Ne ho il più totale rispetto. Mi fido ciecamente del ds, amo il confronto, ma se devo morire muoio con la mia testa. Se faccio errori devono essere miei, non di altri. La scelta finale per il campo sarà sempre mia”.